IL CILE E LA PESANTE EREDITA' DELLA DITTATURA
di Alessandro Morello, inviato a Santiago
Il 17 novembre si sono tenute in Cile le elezioni parlamentari per il rinnovo della Camera dei Deputati e parte del Senato, e le elezioni presidenziali, che, per la prima volta nel paese, hanno visto fronteggiarsi due donne, le quali, volenti o nolenti, proprio in occasione del 40esimo anniversario del colpo di stato dell'11 settembre 1973 e dell'instaurazione della dittatura militare di stampo fascista retta dal generale Pinochet, riaccendono più che mai i conflitti e le separazioni che attanagliano la nazione: a sinistra, leader del Patito Socialista, Michelle Bachelet, già presidente dal 2006 al 2010 e più volte ministro, costretta al ballottaggio nonostante un distacco di più di 20 punti percentuali; e a destra, Evelyn Matthei, del Unione Democratica Indipendente, ministro del lavoro del governo uscente. Il caso ha voluto che le due donne fossero entrambe figlie di due generali, amici e compagni ai tempi dell'Accademia, nella quale l'uno trovò una morte atroce, l'altro la propria affermazione personale: Alberto Bachelet, strenuo difensore del presidente Salvador Allende; e Fernando Matthei, generale golpista e capo dell'aviazione militare sotto Pinochet.
Sebastian Piñera, premier in carica e primo presidente del consiglio dopo la fine della dittatura nel 1988, ha fatto un pallido tentativo di riconciliazione in occasione delle celebrazioni organizzando al palazzo de la Moneda commemorazioni, che sono state però disertate dai leader della sinistra i quali rifiutano qualsiasi rappacificamento nel caso in cui non vengano riconosciuti i crimini commessi dalla dittatura, o che i colpevoli e coloro che li hanno giustificati non scontino una pena, dal momento che, secondo la Bachelet, "Quasi nessuno ha pagato per questo e oggi in Cile c'è ancora una frattura profonda".
Persino gli stessi compagni di partito hanno boicottato l'iniziativa del presidente e preso le distanze dal suo timido 'mea culpa' nel quale accusa la destra di essere stata un "complice passivo" all'interno delle manovre dei generali traditori in collaborazione con la CIA e con le sporche macchinazioni di Nixon e Kissinger, atte al rovesciamento e all'uccisione del presidente socialista Allende, accusato "aver spezzato sistematicamente la legalità e lo Stato di diritto".
Può però lecitamente sembrare stana, una dichiarazione di questo tipo, detta da coloro che difendono una dittatura quasi ventennale con un bilancio di 38mila persone detenute illegalmente o torturate e 3.216 morti o sequestri, secondo le stime di Amnesty International. Nessuno degli esponenti della dittatura o fra i semplici esecutori materiali ha mai scontato alcuna pena a causa della legge d'amnistia varata nel 1978 che preclude da ogni procedura penale chi commise i crimini sopracitati.
A 40 anni dal golpe, a 20 dal ritorno alla democrazia e a 7 dalla morte di Pinochet, la sfida della probabile prossima premier Michelle Bachelet, in schiacciante vantaggio nei sondaggi, è quello di cambiare le parti della Costituzione che sono ancora quelle scritte dal generale, cambiare legge elettorale, la quale sovradimensiona la destra cilena e le permette di essere competitiva, fare finalmente giustizia dando ufficialmente nomi e volti ai colpevoli e poter così sanare la profonda spaccatura che divide ancora oggi il Cile.
Fonti: La Repubblica, Wikipedia, Wordpress
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